Tra note musicali e parole di conforto, la carriera di Gianluca Monaco incarna una sinergia unica tra arte e scienza, musica e psicologia. Una fusione affascinante che non solo ha formato il suo percorso professionale, ma tocca anche la vita di molti, trasformando le emozioni e le storie raccolte nel suo studio di psicologo in melodie e testi che parlano al cuore delle persone.
In questa intervista, oltre a parlarci del suo ultimo singolo “Scordami”, ci addentreremo con lui nei dettagli del suo approccio creativo e professionale.
Gianluca, hai descritto come la tua musica e la tua professione di psicologo si influenzano reciprocamente. Potresti condividere un’esperienza specifica in cui hai sentito questa sinergia?
Le storie che ascolto inevitabilmente mi colpiscono per un motivo o per un altro, senza dubbio non lasciano mai indifferenti. Le emozioni che vengono evocate da certi incontri magari si trasformano in pensieri, frasi improvvise, riflessioni che poi, forse, si trasformano in parole, note inaspettate. È anche un mio modo per “scaricare”, proiettare su una tastiera di un piano, su un pentagramma, su un foglio bianco quelle emozioni e sentimenti che si smuovono dentro di me.
Nel tuo approccio unico, come scegli i temi psicologici da esplorare nelle tue canzoni?
Mi catturano quelle storie che evidentemente mi risuonano, sono magari a “specchio” nella mia vita o mi possono trasportare per un mio motivo più profondo. Lo psicologo, ricordiamolo, è pur sempre una persona ed è difficile ritenere che possa rimanere “asettico”. Alla giusta distanza senz’altro, ma non certo di vetro…
Quali sfide incontri nel mantenere un equilibrio tra la tua carriera musicale e quella di psicologo, e come le superi?
Le sfide maggiori sono relative soprattutto al tema dell’organizzazione del tempo ma anche alla credibilità e serietà del progetto sia professionale che artistico. Qualunque attività noi svolgiamo è importante che ci si applichi sia con passione, ma anche con costanza e metodo, se si vuole raggiungere un obiettivo. Senz’altro non è facile ma è anche tutto molto affascinante.
Puoi raccontarci di più sul processo creativo dietro il tuo ultimo singolo “Scordami” e come hai integrato la tua esperienza professionale nella composizione?
Troppe volte ho sentito dolore e sofferenza a causa di “amori” asfissianti, soffocanti, che tolgono libertà. E purtroppo ne sentiamo anche alcuni effetti che riempiono le pagine di cronaca. “Scordami” vuole essere quel grido di voglia di autonomia, quella voglia di vivere una relazione con la “giusta distanza” nel rapporto interpersonale amoroso per non incappare in storie simbiotiche e tossiche. “Scordami” è anche quel tentativo nel dire meglio un allontanamento per conservare almeno un ricordo positivo che un “accontentarsi” di una proto-relazione pur di non rimanere soli. Vera angoscia e fantasma di questo periodo che coinvolge tante persone.
In che modo credi che la musica possa agire come strumento terapeutico nei tuoi pazienti?
La musica è sempre terapeutica: smuove emozioni, attiva pensieri, può fungere da equilibratore dell’umore, ma anche da motivatore. Ma, soprattutto, la musica è decisamente terapeutica nel farla, nel suonare, cantare, ballare, “scrivere”…
Nelle scuole elementari e medie andrebbe svolta con più ore di lezione e con programmi affascinanti…
Qual è stata la reazione dei tuoi pazienti e del pubblico alla tua fusione di musica e psicologia?
I pazienti ovviamente sanno di questa attività di cantautore. Ci scherziamo, quando possibile, anche su. Sono ottimi consiglieri, davvero. Sanno anche che sensibilizzare un po’ di più l’opinione pubblica su temi profondi e umani non guasta. Mi piace parlarne con loro e condividere la costruzione di un concetto da raccontare.
Hai menzionato l’influenza di Gianni Rodari sulla tua vita professionale. Come integreresti i suoi insegnamenti nel tuo futuro lavoro sia come musicista che come psicologo?
Gianni Rodari ha influenzato tantissimo l’esperienza formativa della mia infanzia e della mia adolescenza. L’esperienza che fece con Sergio Enrdrigo è meravigliosa, così vicina al cuore e ai pensieri di persone comuni aiutate a riflettere, così vicina a bambini portati a ragionare in forma di gioco, note e suoni. Cosa di più del gioco di musica e parole? Quella didattica così strategica e quella “grammatica” così sopra la noia dei banchi che a volte domina. Costruire un progetto di questo tipo… un vero sogno nel cassetto….
Infine, quali consigli hai per coloro che cercano di unire le loro passioni artistiche e professionali come hai fatto tu?
Sicuramente, come dicevo prima, serve metodo e applicazione, ma anche voglia di divertirsi, di non fermarsi in superficie e seguire con coraggio le proprie inclinazioni. Non è vero che volere è potere – questo lo potremmo leggere un po’ ovunque, ma sinceramente non basta – però è vero che desiderare di esprimere una o più parti di sé è vitale.