Una laurea in Geologia, un lavoro in un negozio, una passione sfrenata per il mondo della fotografia. Datele una Nikon e vi racconterà il mondo dai suoi occhi. Alexia Ungaro è una di quelle persone che non perde mai la curiosità. Ogni volta, sogna (e riesce) di raccontare una storia sempre diversa. La sua è una passione nata quasi per caso e divenuta qualcosa di tremendamente più serio. Anzi, ad un certo punto, è diventata una esigenza. “Mi sono resa conto che scattare fosse diventato un bisogno. C’è una tensione che ha bisogno di esprimersi in qualche modo, e rubare attimi di tempo al mondo è per me una sfida appagante da un lato, ma anche una necessità. Molto spesso è più facile per me comunicare attraverso immagini piuttosto che a parole” racconta Alexia, abituata a parlare per immagini più che a parole. Ma la sua è una simpatia contagiosa. Energia, entusiasmo e adrenalina tutti da scoprire.
E allora riavvolgiamo il nastro. Come inizia il tuo rapporto con la fotografia?
Il primo approccio alla fotografia lo ricordo benissimo. Io vengo dal mondo della pellicola, e grazie ad un professore delle medie appassionato, chiesi a mio padre di regalarmi la mia prima reflex. Così ho iniziato a studiare e a scoprire un mondo nuovo.
Un inizio in salita: niente di digitale, niente foto usa e getta…
Esattamente! Con la pellicola non scatti mille foto: devi pensare bene all’inquadratura, alla luce, al diaframma e al fuoco. Ecco, il fuoco risultò un problema, il mio non era automatico. La miopia rendeva per me difficoltoso essere precisa, la frustrazione ebbe la meglio e per qualche tempo smisi di scattare.
Finchè poi…
Qualche anno dopo la pellicola era ormai solo un ricordo, la rivoluzione era iniziata, e mi regalarono una reflex digitale, una Nikon stavolta, molto basilare, che mi sembrava leggerissima, e soprattutto mi risolveva il problema della messa a fuoco! Da quel momento ho ripreso a scattare, ovunque andassi mi portavo la mia reflex. E’ interessante osservare come nel tempo si cambi, confrontando le foto fatte in passato con quelle recenti. Un po’ come nel disegno, è un processo di raffinazione. In continua evoluzione. Rispecchia sia l’esperienza e la destrezza acquisite, sia i cambiamenti più profondi.
Come sei riuscita a crescere artisticamente in modo così decisivo?
Guardando, studiando, lasciandomi incuriosire. Vivian Maier è una delle fotografe che mi ha appassionato di più. Per la sua storia, in parte, e perché come me giocava a farsi l’autoritratto in modo inconsueto, riprendendosi nelle vetrine, negli specchi, nelle ombre. Ho trovato grande affinità e mi piace moltissimo il suo stile. Inge Morat è un’altra fotografa che con i suoi lavori mi ha ispirato. Ammiro la genialità e lo spirito di Imogen Cunnigham, e adoro l’ironia di Elliot Erwitt. Si è capito che mi piace molto la fotografia in bianco e nero a questo punto. Forse proprio perché trovo il bianco e nero più espressivo ed intimo. Studiare i lavori delle grandi fotografe e dei grandi fotografi mi dà sempre tantissimi spunti.
Ma altri spunti sono arrivati anche da esperienze… concrete.
Mi sono trovata a scattare anche con un paio di modelli e con una modella che già conoscevo, Diana Nocilli. Ci conosciamo da anni, ma sul fronte fotografico diciamo correvamo in parallelo. Io con le mie esplorazioni, lei con la sempre più solida esperienza e grande talento che si andava sviluppando. È anche grazie a Diana che ho iniziato ad interessarmi di più al ritratto.
Cosa rappresenta per te la fotografia?
Mi è sempre piaciuto disegnare, e secondo me la fotografia è molto affine alla pittura e al disegno in tutte le sue forme. Devi vedere, devi vedere prima, prima di scattare. Spesso per me è così. Vedo una cosa e mi dico “ecco” e cerco il telefono, per scattare la foto. Le foto che pubblico sono quelle che voglio condividere, e mi rendo conto che sono contro corrente: non mi interessano i cuori o le stelline sotto alle foto. Il mio bisogno di esprimere qualcosa è la mia motivazione principale. Volerlo condividere.
E hai ancora voglia di sperimentare…
Mi piace esplorare. Posti nuovi, tecniche nuove, ultimamente ho iniziato con le persone. Se da una parte ho sentito di voler provare con modelli o modelle, dall’altra mi sono resa conto dell’enorme differenza che c’è tra il conoscente, l’amico o l’amica che si prestano, ed un professionista. Le infinite nuove possibilità.
Che rapporto hai con i social?
Dico sempre che sono una persona piuttosto a-social, cioè tendo di più alla riservatezza e alla condivisione del mondo privato con una piccola cerchia di persone amiche. Unica eccezione, le foto.
Quali contenuti vuoi veicolare tramite i tuoi account?
Mi piace condividere emozioni in modo ermetico, attraverso immagini. Un momento, una luce particolare, desideri, nostalgia, la forza di uno sguardo o quella dei particolari. Mi dispiace l’utilizzo del nudo a sproposito, alle volte lo trovo banale.
Chi è Alexia nel quotidiano?
Una persona che lavora, che fotografa, che sa appassionarsi a ciò che è interessante. Per lavoro indosso una divisa, fuori da quel contesto oscillo tra l’elegante, il casual, lo zingaro quando sono in vacanza esplorativa con la Nikon (la comodità prima di tutto), lo sportivo se vado in palestra o a correre. Indubbiamente ho un mio stile, ma sono appariscente o esibizionista solo con chi voglio io.
Cosa vuoi realizzare ancora in ambito personale e professionale?
Voglio continuare a migliorarmi, la cosa difficile è sempre trovare il tempo. Difficile ma non impossibile. A parte lo studio continuo, voglio costruire progetti, magari anche in collaborazione, e vedere cosa sono capace di fare.
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In fotografia: Diana Nocilli
Che foto fantastiche! Brava!