Una psicologa impegnata nel mondo dello sport, una professionista che lavora sulla testa di atleti e di ragazzi per farli eccellere nella vita. Ma anche una donna a cui piace tenersi e avere cura del suo aspetto fisico, biglietto da visita che conquista al primo sguardo. Roberta Cappelluti, 32 anni da Roma, è una di quelle donne con un curriculum lungo qualche decina di pagine nonostante la giovanissima età. Ad oggi, collabora con Scuole calcio di elite, è docente per il master in Psicologia dello sport e in disagio giovanile, devianza sociale e comportamenti a rischio presso l’Unicusano. Ma non solo. Lavora anche per la programmazione sanitaria del Ministero della Salute nella sede dell’EUR dopo aver studiato all’università (triennale e specialistica) psicologia dinamico clinica.
Come inizia il tuo percorso fra pallone e psicologia?
Ho iniziato come psicologa e redattrice per il portale calciodonne.it grazie al quale mi sono affacciata al mondo del calcio femminile, da qui mi sono esposta per i diritti delle calciatrici e ho preso parte a convegni internazionali incentrati contro la violenza sulle donne dove ho portato avanti il mio “cartellino rosso” alla violenza. Nel 2017 sono stata premiata presso la sede del CONI con il Fiocco bianco per il mio sostegno a questa campagna. Sono stata molto fiera dei miei risultati soprattutto per aver improntato i miei studi per far valere il diritto femminile.
Una vocazione, un lavoro…
Mi piace aiutare il prossimo attraverso elementi positivi: cerco sempre di tirar fuori il meglio delle persone, tutti lo abbiamo bisogna giusto impegnarsi nel lasciarsi andare e godersi la propria vita assaporandone tutti gli aspetti, riuscendo a superare e gestire gli ostacoli che ogni giorno dobbiamo affrontare. Mi piace far capire che tutti abbiamo già gli strumenti in noi, basta solo saperli usare!
E tu hai fatto di questa richiesta la base della tua professione.
Mi hanno sempre detto, fin dai tempi del liceo, che sapevo spiegare e spiegarmi bene. Dopodichè ho continuato con la psicologia e ad interfacciarmi prima ancora che nel privato, in pubblico! Microfono in mano e sempre “a braccio”, non amo preparare discorsi e ripeterli…. quando ci provo mi sembra di non essere me stessa!
E nel tuo percorso ci sono anche momenti da ricordare…
In un convegno in Calabria sono stata chiamata a partecipare tra personaggi illustri del mondo dello sport, accanto a me c’era Stefano Fiore, ex Lazio, e in quell’occasione il tg regionale ha fatto un servizio proprio su di me e sulla mia professione. Oggi è sempre un piacere per me essere chiamata da privati o società sportive per collaborazioni.
Eppure il tuo lavoro è ancora da… decifrare!
Lo psicologo dello sport in Italia non è una professione ancora molto chiara, anche a molti addetti ai lavori e agli stessi psicologi clinici/psicoterapeuti e la confusione porta a diffidenza.
Cosa fate concretamente?
Lavoriamo per migliorare la prestazione sportiva nel presente, cercando di modificare i pensieri, e, quindi le emozioni e i comportamenti che influiscono negativamente in gara, in partita, in allenamento, nel singolo atleta, nella squadra, nel team di lavoro. Il nostro obiettivo è rendere le persone consapevoli dei propri processi mentali, quindi, dirigere loro verso la direzione ottimale per favorire una buona prestazione.
Dove si “allenano” gli atleti a svolgere questo percorso?
Anche il luogo dove lavora lo psicologo dello sport è diverso da quello dove lavora lo psicologo clinico. Non lavora in studio, o, almeno, non solo. Lavora in campo, sul luogo dell’allenamento, della partita, nello spogliatoio. Dove si respira sport. Anche l’abbigliamento è diverso, la tuta non è disdegnata, l’abbigliamento meno formale non rende meno professionali e professionisti, anzi. Personalmente lavoro sulla squadra facendo fare a loro degli esercizi psicomotori per capirne il livello di attenzione, l’inserimento sociale, il tipo di relazioni instaurate e se ci sono problematiche ne parlo con gli allenatori. Il nostro è un lavoro molto utile, riusciamo a portare il cambiamento giusto per avere un ottimo team. Alla base di un team ci deve essere sempre un’ottima comunicazione verbale ma soprattutto empatica.
Abbiamo detto: non solo psicologia, ma anche biglietto da visita sottoforma di immagine.
Mi piace tutto ciò che è bello, sono un po’ un’esteta. Amo curarmi, amo i miei capelli, la pelle, e fare un po’ di attività fisica senza mai esagerare. Tutto ciò che è troppo per me storpia, ma bisogna prendersi cura sia del proprio corpo che della propria anima.
Chi è Roberta Cappelluti nel quotidiano?
Mai dire mai, ogni lasciata è persa, carpe diem… questi sono i miei motti! Quindi chissà cosa succederà già nel prossimo mese? Tra dieci anni non escludo l’estero, non escludo la carriera, non escludo figli e una bella famiglia… anzi di quest’ultima ne sono sicura!
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