L’arte per lei è tutto. Datele un foglio e dei colori e saprà lasciarvi senza parole. Nell’era della tecnologia e del digitale, c’è ancora chi sa stupire, usando la creatività e facendo frullare i neuroni, non i byte. Dalla pittura alla fotografia, dall’illustrazione alla scrittura, Elena Cacciabue non smette mai di stupirci. Con il suo bellissimo sorriso, affronta la vita con un’ironia acuta che è evidente anche nelle sue opere.
‘’Tavino l’aspirante medico’’, il suo ultimo libro contro ogni forma di violenza, che sta facendo il giro delle librerie d’Italia ne è la dimostrazione. In modo semplice, parla di temi complessi. Il mezzo migliore per giungere nell’anima delle persone e stimolare un dibattito vero. Dalla sua Genova, che la ospita e la accoglie, il messaggio ha investito tutta l’Italia.
A volte, un fumetto può arrivare laddove tentativi esperti falliscono sul nascere…
Riuscire a trasmettere un messaggio di tale portata con un pizzico di spensieratezza, suscitando sentimenti forti che oscillano dalla risata al pianto, non è da tutti… Era fin dall’inizio il mio obiettivo, ma non sapevo se ci sarei riuscita. Avevo letteralmente paura, mi sono messa alla prova e per me è stato importante. Ricordo che quando finivo lo storyboard di un episodio, nel rileggerlo mi stupivo di me stessa. I miei amici in questo mi hanno aiutato molto, facendomi da ‘’giudici’’ e nel vedere le loro reazioni ed espressioni, ho capito che ero sulla strada giusta.
Quando hai capito di voler fare l’artista? A dire la verità non ci ho dovuto mai nemmeno pensare, è stato spontaneo. Quando ero piccola non ho mai pensato ‘’da grande vorrei essere…’’. Semplicemente si è sviluppato dentro di me questo desiderio e modo di essere che fa parte della mia personalità.
Quanti libri hai scritto? Quattro, e adesso sto scrivendo il quinto.
Come si intitola e di cosa tratta? Sono ancora indecisa tra un paio di opzioni, ma credo che il titolo sarà ‘’Tutti parlano’’. Il tema è la finta moralità e il bigottismo di un paesino di periferia.
Che ingredienti occorrono per creare una storia? Ritengo che solo se un qualcosa è stato vissuto possa essere raccontato davvero bene. Basta anche un particolare, che però mi ha colpito oppure un’emozione che arriva dal passato. Quello che mi ispira è la realtà e solo successivamente, spazio con la fantasia.
Quando inizi una storia hai già in mente cosa scrivere? Non del tutto… anzi quasi mi meraviglio quando riesco a creare un personaggio o una storia che fino a cinque minuti prima non esisteva. È una specie di magia inspiegabile. Mi aiuto molto con i luoghi, li ricordo o li immagino, poi descrivo le emozioni che mi trasmettono.
Cosa significa per te scrivere? La scrittura non è solo una forma corretta di frasi e grammatica. Per me è la capacità di uno scrittore, attraverso qualsiasi genere letterario usi, di rappresentare nei suoi personaggi e nella particolarità e irripetibilità delle storie che racconta, la traccia di un destino.
Per la tua arte l’utilizzo del computer è importante? Moltissimo, ma cerco di non perdere il contatto con la tradizione. Ad esempio per le illustrazioni di Petit ho utilizzato e utilizzerò solo illustrazioni tradizionali e anche quando disegno o scrivo, lo faccio a mano su fogli di carta o quaderni e solo successivamente li traspongo su pc.
Nell’attuale stai preparando una mostra sul cinema, altra tua grande passione… Sì, è incentrata sul cinema hollywoodiano dagli anni ’30 agli anni ’60, una sorta di omaggio ai film che hanno fatto la storia e ai miei registi preferiti di quel periodo. Vi sarà una sezione in bianco e nero e una a colori.
È quella l’epoca in cui avresti voluto vivere? In realtà io sono molto seventies, come spirito e visione della vita.
Prima della scrittura ti sei dedicata alla fotografia… Ho diversi amori nella mia vita, tra cui la fotografia. Ho iniziato fin da giovanissima lavorando come fotografa all’Acquario di Genova e su delle navi e ne sono riconoscente, perché è stata la mia gavetta. C’era sul serio da pedalare. Inoltre l’equipe di fotografi era eccezionale. Tutti mi hanno insegnato moltissimo. Ora però penso alla fotografia con più sentimento e per me l’unico valore che riesco ad attribuirle è artistico, sicuramente meno commerciale di allora, ad esempio sto preparando un libro sui campanili del Piemonte.
Cosa riesce a ispirarti? Praticamente tutto, può essere un film, un quadro, una canzone o anche semplicemente una frase sentita… qualsiasi cosa mi emozioni o mi colpisca. A volte persino qualcosa di banale, se modificato può risultare un’idea interessante. Il problema poi è riuscire a portare avanti i progetti, facendo i conti con il tempo a disposizione, ma ne varrà comunque sempre la pena.
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